Avrei mentito, naturalmente. Mentivo molto, e a ragione: per proteggere la verità. Per salvaguardarla, come se indossassi gemme finte per non farmi rubare quelle vere, o per non sminuire il valore facendone un uso eccessivo. Conservavo gelosamente la verità che possedevo, perché le informazioni non erano cose. Erano incolori, inodori, prive di forma, e dunque indistruttibili. Non c'era verso di ritirarle o invalidarle, impossibile arrestarne la proliferazione. Raccontare a qualcuno un segreto era come infilare del plutonio in un busta di plastica da freezer: l'informazione sarebbe inevitabilmente sopravvissuta all'amicizia o all'amore o alla sfiducia cui la si era affidata. E a quel punto era come averla svelata.
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