Mi sedetti alla scrivania. Avevo da tener fermo qualcosa, ma non ricordavo più cosa. Di fermo non c’era niente, scivolava via tutto. Fissai il mio quaderno, i tratti rossi sotto le domande di Anna come un ancoraggio. Lessi e rilessi, ma gli occhi passarono sopra a quelle domande senza capire. Avevo qualcosa che non funzionava nei sensi. Un’intermittenza dei sentire, dei sentimenti. A volte mi ci abbandonavo, a volte me ne spaventavo. Quelle parole, per esempio: non sapevo trovare riposte al punto interrogativo, ogni risposta possibile mi sembrava assurda. Ero smarrita nel dove sono, ne che faccio. Ero muta accanto al perché. Queste ero diventata nel giro di una notte. Forse, non sapevo quando, dopo aver ricalcitrato, dopo aver resistito per mesi, mi ero vista in quei libri e mi ero appannata, definitivamente guastata. Un orologio guasto che adesso, poiché il suo cuore di metallo seguitava a battere, guastava il tempo di ogni cosa.
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