L’uomo aveva occhi liquidi che si appannavano sempre più, man mano che lui e lei si perdevano uno nell’altro. Lei, invece, gli occhi a tratti li chiudeva. E immaginava, e si perdeva in un sogno così intenso da diventare realtà, colore, suono, materia, profumo. La donna vedeva, sentiva, annusava: era in una grotta buia, tiepida e umida, e subito dopo si lasciava scivolare, trascinata nel tunnel di un’onda rischiarato dalla luce calda del sole e mille gocce di schiuma di mare la spruzzavano e la rinfrescavano. Poi, riapriva gli occhi e si rituffava in quelli verdi di lui che non la abbandonavano neppure per un secondo, neppure per l’istante di un battito di ciglia. E anche quando abbassava le palpebre, lui la tratteneva e lei si arrendeva a quel piacere che continuava a crescere, perché la calamita dello sguardo di lui le impediva di allontanarsi. E il piacere saliva: ecco, era arrivato il momento. Era pronta. Poteva dirglielo senza parole? Lui avrebbe capito? Aprì gli occhi e lo fissò, come a chiedere aiuto. L’uomo la vide farsi cedevole e vulnerabile. Occhi di velluto e di fuoco, arresi. Capì e affondò finalmente dentro di lei, seguendo l’onda delle sue contrazioni e dei suoi singhiozzi. Rallentò, si fermò e restò immobile e poi, ma solo poi, attento anche al più piccolo sussulto degli spasmi di lei, ricominciò, col respiro che diventava sempre più irregolare. E cercava. Cercava i punti dove riprendere il piacere di lei e rigiocarci, come solo lui sapeva fare. La donna si aggrappava come un naufrago alle sue spalle larghe, alle sue braccia dai muscoli tesi. E accarezzava il suo collo forte, guardava l’ombra dorata che la barba appena accennata gli dipingeva sulle guance. Si ancorava a lui con la disperazione di chi sta per perdersi, confondeva le sue labbra con quelle dell’uomo e cercava nella bocca di lui il suo stesso respiro, come se solo così potesse continuare a vivere. E si scioglieva ancora nei suoi occhi verdi, da felino, magnifici...
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